La deglutizione è un processo cognitivo complesso che permette a qualsiasi sostanza liquida, solida, gassosa o mista di passare dalla bocca allo stomaco, senza difficoltà.
La disfagia viene definita la patologia per cui tale passaggio non venga eseguito correttamente. La disfagia mette chi ne è affetto in una situazione estremamente pericolosa perché le sostanze introdotte in bocca possono andare nelle vie aeree e cioè nei polmoni anziché nelle vie digestive provocando polmoniti, soffocamento e addirittura la morte. Nei casi meno gravi la disfagia può rendere il pasto difficoltoso e quindi il paziente può non mangiare e bere a sufficienza e quindi andare incontro a malnutrizione e disidratazione peggiorando ulteriormente il quadro clinico.
Qual è il meccanismo della deglutizione normale?
E’ importante sapere che tale funzione non può essere considerata isolatamente come la propulsione dei cibi dalla bocca allo stomaco ma in connessione con altre funzione come quelle relative alla masticazione bucco-facciale-cervicale e con le loro regolazioni nervose. Per meglio comprendere il meccanismo deglutitorio gli studiosi lo hanno diviso in sei fasi:
Fase zero o di preparazione del cibo che consiste nella cottura, condimento, sminuzzamento del cibo e che di sovente è svolta da persone diverse da chi ingerirà il cibo stesso, tali persone vengono definiti i care giver.
Fase uno o di preparazione orale in cui la sostanza da ingerire viene masticata e impastata con la saliva fino a trasformare il boccone in bolo pronto per essere spinto in faringe. Tale fase è sotto il controllo della volontà ed ha una durata variabile a seconda della consistenza della sostanza da ingerire, sarà minima per i liquidi che non vanno masticati e massima per i solidi secchi. A questa preparazione partecipano attivamente e in coordinazione: la chiusura delle labbra, il movimento laterale e rotatorio della mandibola, il tono buccale e facciale, i movimenti laterali e rotatori della lingua che servono a raccogliere e trattenere sul dorso della stessa il bolo e a disporla come un cucchiaio mentre la punta della lingua viene spinta contro i denti incisivi superiori. Fase due o fase orale in cui con un atto volontario della durata di circa un secondo la lingua con un movimento versol’alto e indietro spinge il bolo verso la base lingua e quindi nella faringe grazie alla stimolazione di recettori propriocettivi oro-faringei. Fase tre o fase faringea, fase completamente involontaria della durata di un secondo, in cui il bolo attraversa il quadrivio faringeo punto dove la via digestiva incrocia quella respiratoria. E’ facilmente intuibile come il corretto svolgimento di questa fase sia importante per evitare di mettere in pericolo la vita della persona. Essa implica la coordinazione precisa di differenti meccanismi che permettono il transito del bolo evitando che parte di esso venga aspirato o penetri nelle vie aeree. Fase quattro o fase esofagea in cui il bolo entra nell’esofago per apertura dello sfintere esofageo superiore e spinto dalle contrazioni peristaltiche raggiunge la porta d’ingresso dello stomaco o sfintere esofageo inferiore.Fase cinque o fase gastrica in cui il bolo arriva nello stomaco e termina la deglutizione per dare inizio alla digestione.
Esistono vari tipi di disfagia?
Alla luce di quanto detto e in base al punto in cui si verifica il mal funzionamento si distinguono diversi tipi di disfagia: disfagiaorale quando ci sono disturbi nella fase uno e due della deglutizione e quindi in seguito ad interventi chirurgici demolitivi a carico della bocca, labbra, lingua; nella paralisi del nervo facciale. Si parla di disfagiafaringea per deficit della fase tre che si ha nell’80% per patologie neurologiche e nel 20% per interventi chirurgici alla testa e/o al collo. Si parla di disfagiaesofagea per deficit della fase quattro e può essere causata da alterazioni della muscolatura esofagea primarie o secondarie a patologie neurologiche o in seguito ad interventi chirurgici. Riassumendo le cause di disfagia sono numerosissime patologie le più frequenti sono le patologie cerebrovascolari acute, traumi e tumori della testa/collo, malattie neurodegenerative come la demenza. Dagli ultimi studi epidemiologi risulta che la disfagia è molto frequente nelle patologie neurologiche addirittura colpisce il 90% dei pazienti affetti da Malattia di Parkinson e il 68-74% dei pazienti con ictus, quest’ultima percentuale scende però al 22% se nella strokeunitnon si usano esami strumentali specifici per riconoscerla e diagnosticarla.
Come viene valutata la disfagia?
Il paziente con sospetta disfagia dovrebbe essere inviato al medico specialista in foniatria che prima di tutto raccoglierà i dati riguardanti la storia del disturbo, poi eseguirà un esame clinico della funzionalità della muscolatura e della sensibilità della bocca, della lingua e della faccia, nonché la presenza e l’efficacia della tosse volontaria e riflessa, delle deglutizioni volontarie e riflesse senza bolo e infine prove di deglutizione con boli di diversa consistenza.
Le prove di deglutizione vengono eseguite durante una rinolaringoscopia con fibre ottiche flessibile e questo esame prende il nome di FEES (FibeberopticEndoscopic Evaluation of Swallowing): per tale esame è richiesto introdurre da una narice un cavo sottile di fibra ottica del diametro di 2 millimetri e mezzo. Ciò permetterà di vedere direttamente la zona che abbiamo descritto come quadrivio faringeo permettendo una valutazione anatomica e funzionale del distretto faringo-laringeo al passaggio del bolo. Questo esame si effettua in ambulatorio o a letto del paziente non necessita dell’utilizzo di sostanze radioattive e può essere eseguito anche più volte nel corso del ricovero per monitorare e dare indicazioni terapeutiche e riabilitative.
In alcuni casi il foniatra può ritenere utile fare altri esami come la videofluoroscopia della deglutizione per valutare la fase esofagea o la esofagogastroscopia, la manometria esofagea nel sospetto di patologie a carico dell’esofago. Una volta posta una quanto più precisa definizione sulla sede della disfagia e sulla causa, il foniatra stabilirà in accordo con l’equipe multidisciplinare la modalità di alimentazione più adatta al caso specifico, inoltre con il logopedista imposterà il programma riabilitativo definendo gli obiettivi raggiungibili, i tempi e la metodologia da attuare.
Indicazioni che seguono la valutazione della deglutizione.
Ogni paziente disfagico richiede un percorso valutativo e rimediativo individuale. In particolare al termine della valutazione strumentale e clinica il foniatra darà una serie di indicazioni che riguardano: la posizione in cui si deve alimentare il paziente; eventuale precauzioni comportamentali da utilizzare; modalità di nutrizione possibile e relative consistenze dei cibi da introdurre; modalità di rilevamento dei segni di eventuale ingresso tracheobronchiale di alimenti in presenza di tracheostomia; eventuale trattamento logopedico; modalità di igiene riguardanti la bocca, denti e protesi; adozione di eventuali ausilii; la modalità di assunzione dei farmaci.
L’equipe multidisciplinare.
Se è vero che il medico specialista in foniatra è il più competente nella diagnosi della disfagia avendo nelpiano di studio nozioni specifiche sulla fisiopatologia della deglutizione e il logopedista è il riabilitatore più formato in tale ambito, il paziente disfagico è un paziente complesso, spesso anziano, con patologie multiple concomitanti che richiede l’intervento di una equipe multidisciplianare formata dal neurologo, l’infermiere, nutrizionista, internista, geriatra, fisiatra, fisioterapista. Inoltre i familiari rivestono un ruolo importantissimo sia nella assistenza in senso pratico che nell’aspetto emotivo relazionale, pertanto uno degli obiettivi della riabilitazione logopedica sarà quella di addestrare il care giver, individuato tra o dai familiari, all’assistenza durante l’alimentazione, a come riconoscere segni di difficoltà di deglutizione , a come effettuare le manovre disostruttive in caso di soffocamento e come preparare i cibi della consistenza prescritta dal foniatra una volta a casa.
Le modalità di nutrizione possibile.
Dopo la valutazione clinica strumentale, il foniatra darà indicazione sulle modalità di nutrizione più idonee alla sicurezza di quel paziente con disturbo della deglutizione. Le modalità di nutrizione possono essere:
Nutrizione per bocca o per os, in questo caso il paziente può mangiare per bocca ma verrà specificato se potrà alimentarsi in maniera autonoma o se sarà necessario una supervisione o una assistenza vera e propria; se potrà introdurre in bocca alimenti di qualunque consistenza oppure si dovrà limitare ad alcune di esse; con quali strumenti potrà assumere gli alimenti permessi e in particolare per i liquidi verrà indicato quali liquidi potrà assumere, se potrà assumerli a sorsi continui o a sorsi singoli, se dovrà utilizzare il bicchiere oppure il cucchiaio o il cuchiaino, se dovrà assumerli lontano dai pasti o durante il pasto. Quando la somministrazione di cibo non è possibile per bocca per un elevato rischio di aspirazione del bolo nelle vie aeree si ricorre alla nutrizione artificiale parenterale o enterale. Nutrizione artificiale enterale in cui i cibi vengono somministrati nello stomaco tramite sondino inserito nel naso (sondino naso gastrico) oppure direttamente attraverso la parete addominale (P.E.G.), in genere si utilizzano sacche nutrizionali appositamente confezionate e infuse attraverso una pompa specifica.Nutrizione artificiale parenterale in cui i nutrienti vengono somministrati attraverso un sottilissimo catetere endovenoso.
Come capire che qualcosa non va?
La disfagia nonostante i progressi della scienza è ancora una patologia troppo spesso misconosciuta e ignorata dai pazienti e dai sanitari. I pazienti spesso si abituano a mangiare e/o bere in maniera difficoltosa magari tossendo e la maggior parte delle volte non lo ritengono un problema da riportare al proprio medico, pertanto la disfagia va ricercata attraverso le giuste domande al paziente e a chi lo assiste, attraverso la somministrazione di screening ai pazienti a rischio di disfagia perché affetti da patologie neurologiche acute e/o croniche o da tumori testa /collo o da patologie neuromuscolari o connettivali etc. e soprattutto dal riconoscimento di segni specifici. A nessuno possono sfuggire i casi di evidente passaggio del cibo nelle vie aeree quando esso si manifesta con senso di soffocamento , tosse, comparsa di colorito rosso o cianotico al volto. Assai più difficile può essere rilevare i segni di un passaggio di piccole quantità di alimenti nei bronchi, spesso non avvertito neanche dal paziente. Devono indurre il sospetto: la comparsa costante di alcuni colpi di tosse involontaria, anche leggeri subito dopo o comunque entro 2-3 minuti dalla deglutizione di un boccone; la comparsa di una velatura nella voce o di franca raucedine dopo la deglutizione di un boccone; la fuoriuscita di liquido dal naso ; la presenza di febbre anche non elevata senza cause evidenti che può essere segno di infiammazione o irritazione dovuta ad alimenti passati nelle vie aeree; l’aumento dello scolo di saliva dalla bocca in genere dovuta ad una riduzione del numero di deglutizioni spontanee.
Il posizionamento del paziente durante la deglutizione.
Importantissimo è il posizionamento del paziente quando deve deglutire una qualsiasi sostanza. Tra i requisiti principali al conseguimento di una adeguata nutrizione per bocca molta importanza rivestono il controllo della posizione in particolare del capo e del tronco ed ecco che il foniatra, il logopedista insieme al fisiatra e al fisioterapista lavoreranno insieme per trovare la soluzione su misura per il posizionamento di ogni singolo paziente.
Precauzioni comportamentali durante il pasto
Rispetto ad alcune precauzioni comportamentali durante l’alimentazione salvo diverse indicazioni si ricorda che: il paziente mentre mangia non deve essere distratto in alcun modo, non deve parlare, né leggere il giornale o guardare la tv; il paziente potrà parlare solo sospendendo il pasto e dopo aver ripulito attraverso qualche colpo di tosse volontario e qualche deglutizione a vuoto la gola; l’alimentazione deve procedere lentamente rispettando la quantità indicata durante la visita foniatrica, senza introdurre il nuovo bolo prima di aver completamente deglutito quello precedente; il paziente ad intervalli regolari deve controllare la presenza di eventuali residui di cibo nel faringe.
Riabilitazione logopedica della disfagia
Dopo una accurata diagnosi che individui la sede della disfunzione, quindi la fase della deglutizione alterata e dopo aver condiviso con l’equipe multidisciplinare la prognosi della patologia del paziente si procederà alla riabilitazione attraverso la formulazione di un programma dettagliato nei tempi e modalità di intervento e individuando le figure necessarie allo svolgimento dello stesso. A scopo didattico possiamo dividere i metodi riabilitativi della deglutizione in restitutivi, adattivi e compensatori. I metodi restitutivi comprendono il traning motorio e propriocettivo oro-faringeo lo scopo è di allenare la muscolatura implicata nella deglutizione e migliorare la sensibilità responsabile dei riflessi deglutitori per ripristinare la funzione e quindi “normalizzare” la deglutizione per tutte o alcune consistenze. I metodi compensativi comprendono modificazione della postura del capo o attuazione di tecniche deglutitorie che permettano di deglutire meglio nonostante permanga la disfunzione come per esempio flettere la testa verso il basso durante la deglutizione dei liquidi per migliorare la chiusura delle vie aeree e favorire la propulsione del bolo in esofago. I metodi adattivi comprendono l’adattamento dietetico nonché gli ausili speciali per mangiare e bere in particolare modificando la quantità di bolo o la consistenza da introdurre, per esempio somministrare pasti frullati e ben coesi. Chiaramente le tre metodiche sono spesso utilizzate contemporaneamente.
Possiamo concludere dicendo che mangiare bere rappresentano un aspetto fondamentale della vita connesso alla necessità di apportare all’organismo le energie necessarie alla sopravvivenza, di mantenere l’ambiente idrico-salino indispensabile alla vita, di assumere farmaci, comunicare, esplicare attività affettive etc. ma soprattutto su di esse si basa il possibile piacere ed in caso contrario il non piacere e la sofferenza. Solo chi abbia acquisito impedimenti alla deglutizione si rende conto di cosa abbia perso in generale e per aspetti particolari pertanto il compito di noi operatori del settore deve essere quello di mettere al fianco di questi pazienti e delle loro famiglie i professionisti più qualificati ad affrontare le problematiche annesse alla disfagia.
Federica d’Aulos
Bibliografia
“Linee guida diagnostiche e terapeutiche in neurologia , società tedesca di neurologia” Deglutologia O. Schindler